PREFAZIONE
Periodicamente la comunità internazionale si lancia su grandi questioni riguardanti la diversità tra le culture, la vitale necessità della loro sopravvivenza, la legittimità dell’etnocentrismo. Queste ondate d’attenzione verso l’Altro molte volte non sono né casuali né dettate da afflati filantropici ma sono ricollegabili a ben determinati accadimenti storici e sociali che consistono in movimenti, il più delle volte sovranazionali che si ergono per opporsi, ribellarsi o distruggere la cultura che in questo o in quell’altra regione del globo terrestre appare dominante e che rendono pressante l’esigenza di capire soprattutto “di che natura è” l’avversario che ci si trova di fronte. I fenomeni di contestazione interna invece sono più spesso trascurati sin quando non sono avvertiti come una vera minaccia al mantenimento dello status quo. Sì, perché il paradosso interno ad ogni potentato culturale è che il cambiamento è concepito solo nel mondo dell’Altro! Su un livello differente si colloca l’apprezzamento estetico per il folklore, le tradizioni popolari e le usanze locali in mistione con la curiosità che si dirige verso tutto ciò che appare naif e con l’amore per le radici nelle quali ci si vuole riconoscere per rinsaldare i fondamenti della nostra appartenenza e per recuperare le matrici culturali di quello che ho definito Self Storico. Pietre miliari sono i simboli, unitamente ai miti e alle narrazioni, attraverso i quali ogni cultura si condensa e si tramanda. L’allargamento dello spazio “morale emozionale e intellettuale” (Wittgenstein) in cui viviamo trae alimento dalla capacità di identificarsi con il mondo dell’Altro nella sua dimensione storica orizzontale e verticale. Trasponendo questo pensiero nella delicata questione del fitto intrico tra natura e cultura, si potrebbe concepire la realtà esperita come un “ente pluridimensionale” o “campo” nel cui ambito alcuni aspetti essenziali alla costruzione sociale, come le capacità di divenire e di codificare una memoria storica, appaiono frutto di potenzialità vincolate alle specifiche caratteristiche degli organi di senso e del cervello di cui è dotato l’insieme degli individui che suddetto “campo transpersonale” concorrono a comporre. Sarebbero i neuroni a contenere l’imprinting di precedenti esperienze, condivise e accomunanti, ad alta significatività gruppale (nel senso di cultura di appartenenza) secondo una traccia (informatizzata nei codici neuronali) che si struttura, procedendo dal tempo primordiale e archetipo a quello attuale, in stratificazioni di struttura (dall’archipallio al neopallio). Probabilmente è per via di tali strutturazioni che ci è impedito l’azzardo di andare avanti e indietro nel tempo a differenza degli andirivieni che ci sono consentiti nello spazio (sia che si tratti un viaggio astronautico che del salto da una mattonella all’altra di una strada lastricata), anche se appare suggestiva una teoria che preveda la possibilità di poterci trovare in un tempo A o in un tempo B o C, in relazione ad un ipotetico variare dinamico della “forma” del tempo, ad esempio trapezioidale, rettangolare, spiraliforme o circolare; e tutto ciò potrebbe accordarsi con la filosofia brahamanica riguardo la circolarità del tempo e la possibilità della “reincarnazione”. In mancanza di una macchina del tempo che realizzi i nostri sogni di raggiungere un passato-futuro, ci si può accontentare di esperienze seducenti quali il Seminario Itinerante “L’Immaginario simbolico” che rappresenta un modello irrepetibile di un percorso gruppale in grado di cortocircuitare il mondo sociale contemporaneo con le matrici culturali di cui ciascun partecipante è nell’inconscio portatore/rappresentante. E siccome nella nostra cultura siamo sempre più abituati ad associare i bisogni dell’anima con le ragioni del buon management e le valutazioni di tipo economico-budgettario non è fuor di luogo qui mettere in evidenza come modelli che appaiono ideali per la costruzione di un setting specifico per analizzare (antropanalisi) le matrici culturali del Self Storico, potrebbero risultare molto interessanti anche un buon city-manager che sappia intuire l’enorme ritorno, in termini di immagine e in termini economici, per un territorio che sappia qualificarsi attraverso determinate esperienze prototipe in grado di valorizzare l’originaria magia del luogo e la valenza delle culture che lo hanno impregnato. Alla ricerca scientifica operativa e alle elaborazioni teoriche, scaturenti dall’esperienza “sul campo”, è necessario affiancare studi rientranti nella ricerca teorica e aventi principalmente il compito di portare nutrimento al mondo delle idee, quello da cui scaturisce il pensiero nuovo ed il progresso scientifico. La tesi* di Raffaella Anania, dall’affascinante titolo “Matrici culturali e trasformazioni della comunità”, è segnato dai costanti riferimenti alla prestigiosa scuola gruppoanalitica, di cui si può riconoscere nei docenti dell’Università di Palermo Franco Di Maria, Girolamo Lo Verso e Gioacchino Lavanco (Relatore della tesi) dei veri capiscuola, ma nel suo iter elaborativo l’autrice spazia molto al di là, in un ricchissimo intreccio proteiforme che non teme di articolare prestigiosi contributi di varia estrazione scientifica e culturale con una serie di altrettanto stimolati fonti di chiara marca letteraria. La piccola “chicca” sperimentale della tesi è rappresentata da un lavoro sul campo condotto in due territori abbastanza circoscritti, da permettere una ricerca limitata sia in termini di tempo che di risorse operative, ma estremamente significativi per tipicità del luogo e per allocazione geografica: l’Isola Marettimo (in Sicilia) e Castelpizzuto (nel Molise). Il modello adottato è quello dell’intervista strutturata che può costituire un’importante formula per lo sviluppo di una più sistematica operatività - utile a coprire uno spazio sinora lasciato vuoto dalla ricerca ai diversi livelli: università, impresa, ente locale - che si collochi tra le tecniche dell’intervista estensiva (o di sondaggio) e l’action-research.
Alfredo Anania
*Università degli Studi di Palermo, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Psicologia, Anno Accademico 2000-2001.